¡Hasta la Cruz!

 

Jaume e io ce le stiamo dando di santa ragione. Mentre nessuno cerca di dividerci, anche per la paura di farsi male, a Sergi viene un’idea: — Perché non correte fino alla Cruz? — chiede. Sa che a entrambi piace correre e che la Cruz è uno dei nostri posti preferiti; ci conosce bene... sì, perché qui siamo tutti amici.

Ci fermiamo subito, l’idea ci sembra interessante: chi arriva per primo vince, l’altro se ne deve tornare a casa, rinunciando all’obiettivo per cui ci stiamo picchiando.

Fa caldo, è quasi il tramonto, siamo sudati e abbiamo il sole negli occhi. Tutto intorno a noi è bellissimo. Queste sono le ore più intense della giornata, quelle in cui, di solito, ci riuniamo qui, vicino al monumento chiamato Cruz del Descubrimiento che domina la baia di Santa Ponça. Siamo giovani, qualcuno direbbe che non capiamo niente, che non ce ne frega niente... invece ci rendiamo conto della bellezza del paesaggio: quella croce è parte di noi tanto quanto lo è la salita che percorriamo per raggiungerla. È un po’ come casa nostra, perché ci diamo appuntamento alle panchine lì vicino quasi tutti i giorni, prima di partire per andare in spiaggia o altrove, magari prendendo l’autobus per Magaluf o sfrecciando con le bici tra le stradine tortuose.

Adesso la Cruz è lontana, o forse solo a noi sembra lontanissima, dopo le nuotate, la partita e soprattutto la zuffa. Siamo acciaccati e Via de la Creu sembra infinita. Ci sistemiamo comunque uno di fianco all’altro, mentre Sergi resta un po’ defilato, pronto per darci il “via”. Tutti gli altri sono dietro di noi, so che ci seguiranno in bici o di corsa: sicuramente non vorranno perdersi lo spettacolo.

Mi gira un po’ la testa, ho caldo, a stento mi reggo in piedi e sento un fischio dentro le orecchie. Non posso fare a meno di pensare a quello che mi urlerebbe contro mia madre, se mi vedesse ora. Un dolore sul braccio attira la mia attenzione e dirigo lì il mio sguardo: c’è un graffio che butta un po’ di sangue... no, è solo qualche goccia, non è niente, non devo esagerare. Ma anche se fosse un fiume di sangue... non posso perdere contro Jaume! Se corressi contro Dani o Rafa, potrei anche gettare la spugna ma non con Jaume.
Ci conosciamo e ci vogliamo bene da sempre. Eppure da sempre siamo rivali: fin da bambini abbiamo cercato di superare noi stessi, l’uno per arrivare davanti all’altro. Chissà perché poi... perché proprio noi due?

— Via! — Sergi mi risveglia con il suo vocione. Jaume parte meglio di me, ma gli sto dietro. Corriamo come due soldati feriti che comprimono uno squarcio con una mano e sorreggono il fucile con l’altra. Caracolliamo e arranchiamo lungo la salita. Sarebbe bello girare la testa e volgere lo sguardo alla baia, osservare il mare, le onde e le barche; ascoltare le voci dei nostri coetanei che giocano sulla riva; scorgere i nostri genitori che, finita la giornata di lavoro, si rilassano nelle calette.

No, non possiamo distrarci. Ci restano poche energie e dobbiamo usarle per raggiungere la Cruz. Da quanto tempo corriamo? Non ce la faccio più, ma anche Jaume accusa la stanchezza: sta rallentando, forse quella mezza storta presa tirando in porta si fa sentire. Devo approfittarne: un ultimo sforzo, dai, ancora…

Sono in testa, non posso guardarmi indietro, manca poco.

Eccola! Sono finalmente alla Cruz del Descubrimiento. Ho vinto io. Sergi, che ci ha preceduti con la bici, certifica la mia vittoria. Quasi non lo sento parlare, mi dirigo verso la balaustra e mi affaccio sulla baia. Casa mia. Chiudo gli occhi. Una pacca sulla spalla mi riporta alla realtà. È Jaume, ha una mano sul ginocchio, la lingua fuori, è piegato, ma ha un braccio ancora sollevato verso di me. Tiene un occhio chiuso e con l’altro mi guarda. Piano piano sorride, poi si gira e va verso una panchina. Io resto fermo. Credo che fisserò il mare ancora un po’ e poi tornerò a casa.

Opera in copertina: "The runners" (1926) di Robert Delaunay

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