La Lidia e Umberto hanno deciso di sposarsi. Dopo venticinque anni di convivenza, iniziata in un’epoca in cui non sposarsi attirava più attenzione che invitare amici e parenti a un banchetto sontuoso, dopo aver costruito entrambi carriere impeccabili, arredato una casa perfetta e cresciuto Pietro - scacchista provetto, campione di pallavolo e matematica - ecco, a questo punto alzare ulteriormente l’asticella non è semplice.
Una cerimonia importante è quello che ci vuole, e ci hanno invitati a cena per discutere i dettagli. Io e Mirko, gli amici di sempre, saremo i testimoni: è già deciso. Stasera ci aspetta il solito barbecue sulla loro terrazza panoramica. Salsicce e i panini aesthetic al sesamo faranno da cornice alla lista di lunghe istruzioni di Lidia su come dovremo vestirci, chi ci sarà, come intrattenere gli ospiti e tutti i dettagli sulla location. Ma quando arriviamo, l’atmosfera è decisamente insolita.
L’odore della carbonella accesa non ci accoglie, e per la prima volta la casa appare in disordine. Umberto ci accompagna in cucina, dove ci serve da bere in bicchieri recuperati alla rinfusa e sciacquati a mano dal mucchio di stoviglie sporche sul piano dell’isola. In mezzo scorgo un sacchetto di panini primo prezzo del supermercato e salsicce ancora nella confezione di plastica, invece della solita borsa elegante della gastronomia in Viale Petrarca, posto in cui non ho mai osato entrare. Con Mirko ci scambiamo uno sguardo d’intesa, e lui mi anticipa, dicendo: “Se non è il caso facciamo un altro giorno”.
“No cara,” dice Lidia, entrando nella stanza con una voce squillante, ritmata, ma appena velata di rabbia, “è proprio di voi che ho bisogno. È successa una cosa pazzesca, e dovete far capire a Umberto quanto è grave.”
Guardo Umberto: con gli occhi sembra volerci dire che non è certo una sua idea.
“Scusate… Se Lidia vuol coinvolgervi…”
“Ma certo che dobbiamo. La loro opinione è indispensabile, altrimenti non ne usciamo.”
Mirko e io siamo sulla stessa lunghezza d’onda quando i nostri sguardi si incrociano. Da una parte vorremmo saperne di più, dall’altra siamo profondamente imbarazzati al pensiero di quello che i nostri amici stanno per dirci.
“Stanotte ho fatto un sogno terribile”, inizia Lidia, come se non vedesse l’ora di toglierselo di dosso. “Umberto si era trasferito a Bruxelles per lavoro. Da solo, e io ero rimasta a organizzare il trasloco. E sapete cosa aveva fatto LUI? Si era fatto l’amante. Ma la cosa peggiore è come l’avevo scoperto. Mentre impacchettavo i bicchieri uno a uno per metterli negli scatoloni, mi è venuto in mente di controllare il mio account di Negozio Intimo. Volevo vedere quanti punti mi mancavano per prendere quella sottoveste di pizzo che mi piace tanto. Ecco, i punti erano a zero!”
Osservo di nuovo Umberto con stupore, e lui si limita ad alzare le spalle, dopo essersi assicurato che Lidia non lo stia guardando.
“Ho pensato a un errore e sono andata a controllare. Erano stati consumati tutti per comprare quella sottoveste di pizzo, ma in taglia XS a Bruxelles. È stato così che mi sono resa conto che se la faceva con un’altra alle mie spalle. E per giunta più giovane e magra.”
Umberto approfitta della breve pausa nel racconto di Lidia e, con un sussurro che suona quasi come un urlo, dice: “Era un sogno”. “Ecco vedete,” Lidia sembra irrefrenabile, “non solo il tradimento. Il peggio è che LUI minimizza. Dice che è un sogno e non conta niente. Ma vi rendete conto?”
“In effetti è un sogno, anche se particolarmente dettagliato. Non poteva comprarla senza punti? E poi non è detto che fosse giovane”, in questo momento smontare la sua storia mi sembra l’unico modo per riportare Lidia alla realtà.
“Lo sapete quanto ci ho messo a raccogliere tutti quei punti? Quante mutande, reggiseni, pigiami. Anche per lui s’intende…”
“Hai controllato il saldo della carta? I punti ci sono ancora?”
“Sì, sì. È stata la prima cosa che ho fatto.”
“Vedi che non era vero niente? E poi,” continuo, “Umberto è qui, non va a Bruxelles. Vi dovete sposare.”
“Diglielo, su, diglielo!” incalza Lidia, fissando il compagno. Lui sospira brevemente, poi inizia a parlare.
“Era già da un po’ di tempo che le cose non andavano bene al lavoro. Sono a casa da tre mesi. All’inizio pensavo di trovare subito qualcosa, e di non dover penare troppo. Ormai ho passato i cinquant’anni, e il momento non è dei migliori. Ho rifiutato un paio di posizioni sottomansionate per me, prima di ampliare i confini. Il mese prossimo però inizio ad Amsterdam. E lo stipendio è pure più alto.”
“Amsterdam, Bruxelles. Non mi sembra ci sia molta differenza, vedete che ho ragione a preoccuparmi?”
“Mi accusa prima ancora di partire”, la difesa di Umberto è piagnucolosa, il lamento di un cane a cui si rifiuta il biscottino.
Mirko arriva in suo soccorso.
“Amsterdam non è così lontana. Lidia, con il lavoro riusciresti a organizzarti. Ora che Pietro è all’università se la cava da solo. Non c’è molto che vi tenga qua. Noi veniamo a trovarvi.”
La risposta è stizzita.
“Ma l’olandese… E il tempo sempre grigio. Tutte quelle biciclette… Mi ci vedete ad Amsterdam? Dovrei trovare un nuovo parrucchiere, una nuova estetista. Ricominciare da capo. Se lui vuole veramente questo lavoro va da solo, gliel’ho già detto”, mentre parla Lidia sembra una bambina capricciosa che non vuole scendere dalla giostra.
Umberto continua la sua difesa inefficace: “Sinceramente non ci sono molte possibilità. C’è da pagare il mutuo e le rette dell’università e… il matrimonio”.
“Ecco, vedete lui la mette in questo modo. Ma le avete viste le olandesi. Tutte alte, bionde e atletiche. Non un filo di grasso. E io che dovrei fare secondo voi?” Lidia conclude la frase con il broncio e a questo punto non mi trattengo.
“Ma guardati intorno”, le parole mi escono dalla bocca con uno slancio inatteso. “La casa, la tua famiglia. Vivi in un mondo perfetto che hai creato tu stessa. I tuoi capelli non si gonfiano mai, neanche nei peggiori giorni di pioggia. La tua casa è sempre in ordine,” tralascio di commentare lo stato attuale, non mi sembra rilevante, “e adesso che per la prima volta ti ritrovi a dover fronteggiare un problema, relativo poi… perché è un’ottima opportunità, te la prendi con Umberto perché ti ha tradita in un sogno. In un TUO sogno! Te le darei io un po’ delle corna che ho in testa.”
Mirko è sbiancato. Adesso mi rivolgo direttamente a lui, con uno sfogo di rabbia misto a tristezza e sconforto.
“Vuoi che non lo sappia che le ultime due trasferte di lavoro erano coperture? Non voglio neanche saperlo dove sei stato.”
Non capisco ancora come sono arrivata a questo punto. Mi ero fatta così tanti film in testa su questo discorso, e invece è uscito fuori così, a mia insaputa, in questa situazione per giunta. La voce di Mirko è decisa, non lascia trapelare emozioni.
“Ho bisogno di staccare e mi concedo della leggerezza ogni tanto. Con te non c’è più modo di divertirsi. Sempre a preoccuparti di tutto.”
Adesso sono Lidia e Umberto che ci guardano sbigottiti. Il silenzio inizia a penetrarci, a infilarsi sotto la pelle appena Mirko smette di parlare. Mi sento nuda. Ho sbagliato. A che serve tutta questa verità quando voglio comunque continuare a vivere la mia vita? Mi guardo intorno e mi accorgo che tutti e quattro stiamo cercando i vestiti da rimetterci addosso. Dobbiamo superare il momento, metterlo da parte. Ci pensa Lidia.
“Comunque, Amsterdam o no, del matrimonio ne ho bisogno”, sbotta con una certa allegria che stupisce. “C’è tanto lavoro da fare. Organizzare la lista degli invitati, trovare la location, il fotografo, il fioraio, un abito che non mi faccia sembrare una provola. Anche sui trattamenti estetici da scegliere sono molto confusa. Di sicuro mi puoi dare una mano. Hai una pelle così liscia per l’età che hai. Mi devi dire come fai.”
Umberto nel frattempo ha messo salsicce e panini in un vassoio. Apre la porta verso la terrazza e dice: “Io accendo il BBQ. Meglio cucinare quando c’è ancora luce”.
Riesco ad aggiungere: “Ma avete già un’idea della data?”